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Alfonso La Marmora
la perseveranza      la conoscenza      la fedeltà      Il senso dello Stato
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Alfonso Ferrero della Marmora (1804-1878) 
Fondatore delle Voloire, corpo delle  Batterie a Cavallo - Generale d’Armata 
Comandante  dell’esercito sardo in Crimea - Primo Luogotenente del Re a Roma nel 1870 
Presidente del Consiglio per due mandati - Ministro della Guerra per cinque mandati 
Cavaliere dell’Ordine Supremo della Santissima Annunziata

Alfonso nasce a Torino il 18 novembre 1804
Dodicesimo figlio e settimo dei maschi di Celestino e Raffaella Ferrero della Marmora.


Biografia e carriera militare
Corpo dell’esercito: le batterie di artiglieria a cavallo "Voloire"
Impegni civili e politici
Onorificenze
Vita familiare
Luci e ombre
La Cripta La Marmora in S. Sebastiano a Biella

Biografia e carriera militare
La sua carriera nell’esercito piemontese inizia a 12 anni con l’Accademia Militare di Torino nel 1816 e prosegue lungo tutti i gradi di promozione fino all’esordio in battaglia, a 44 anni, nelle campagne del 1848-1849, anno in cui ottiene la nomina a luogotenente generale. Durante la prima Guerra d’Indipendenza (1848) comanda, col grado di maggiore, l’artiglieria della divisione Federici e contribuisce in modo determinante alla vittoria di Pastrengo. Nell’agosto dello stesso anno al comando di un battaglione della brigata Piemonte e di una compagnia di Bersaglieri, Alfonso La Marmora protegge re Carlo Alberto durante l’assedio a Milano, seguito alla battaglia di Custoza. Nel febbraio del 1849 assume il comando della sesta divisone e, dopo l’armistizio con l’Austria, viene inviato a Parma.
Nel 1849 Alfonso La Marmora ha 45 anni ed ha raggiunto il massimo grado dell’esercito sabaudo nel giro di dieci mesi dopo aver trascorso 22 anni nei gradi più bassi della gerarchia militare. Nel marzo del 1849 è inviato a Genova con l’incarico di riportare l’ordine dopo la rivolta antimonarchica; un’operazione che comporterà un alto numero di caduti e che gli varrà la fama di “cannoneggiatore del popolo” per il resto della vita. L’intervento a Genova di La Mamora viene premiato con una medaglia d’oro al valore militare e la promozione a comandante del 2° corpo d’armata. Ma Alfonso La Marmora è soprattutto, con Camillo Benso conte di Cavour, l’eroe della guerra di Crimea cui partecipa a 51 anni, nel 1855, come comandante supremo di un contingente di 18.000 uomini. Alfonso aveva lavorato alacremente a livello diplomatico prima del conflitto, recandosi per esempio a Londra a incontrare la regina Vittoria e tessendo una rete di contatti che si rivelarono di sostegno fondamentale ai piani di Cavour.
Il rientro a Torino nel giugno del 1856 è trionfale e La Marmora riceve dal re il Collare dell’Ordine Supremo della Santissima Annunziata e la nomina a Generale d’Armata. La Camera dei Deputati gli assegna inoltre, come premio di guerra, un terreno lungo la futura via Cernaia a Torino dove Alfonso costruisce una residenza con giardino all’inglese che ospiterà il monumento al fratello Alessandro, morto di colera in Crimea nel 1855. Nel 1860, tornato Cavour al potere, viene affidato ad Alfonso il comando del corpo d’armata di Milano e l’anno successivo, 1861, è inviato a Napoli come prefetto e comandante generale delle truppe stanziate nell’Italia Meridionale; qui sarà impegnato per tre anni nella lotta alle rivolte civili e nella repressione del brigantaggio.
Nonostante la prima Guerra di Indipendenza si concluda con una sconfitta per il Piemonte, Alfonso La Marmora riesce a dare grande evidenza agli episodi di coraggio patriottico di quel conflitto, infatti a lui si deve l’iniziativa di mandare a Parigi il giovane pittore Stanislao Grimaldi a studiare incisione per poi affidargli l’esecuzione delle tavole che mostrano gli atti di valore. Nel giugno del 1866 assume l’incarico di capo di stato maggiore dell’armata del Mincio.
Dopo la sconfitta nella terza Guerra di Indipendenza (1866), si sviluppa una violenta polemica e una parte dell’opinione pubblica attribuisce ad Alfonso La Marmora le maggiori responsabilità dell’esito negativo del conflitto. Il generale continua a difendere la propria posizione con numerose pubblicazioni ma lascia la carriera militare nello stesso anno, dimettendosi da capo di Stato Maggiore, e accetta di guidare per un anno il dipartimento militare di Firenze prima di ritirarsi definitivamente a vita privata. Accetterà unicamente la luogotenenza di Roma e delle Province Romane dopo il 20 settembre 1870 e passerà il resto della sua vita occupandosi di opere benefiche.
Una malattia agli occhi tormenta gli ultimi anni della sua vita. Alfonso La Marmora muore nella casa di Firenze il 5 gennaio 1878, è assistito dal nipote Tommaso, figlio del fratello Carlo Emanuele, e da Paolo Crespi, fedele aiutante in campo in Crimea. La salma è trasferita a Biella nella chiesa di San Sebastiano con quelle dei fratelli Carlo Emanuele e Alberto (il corpo di Alessandro verrà traslato nel 1911 dalla Russia a Biella).

Corpo dell’esercito: le batterie di artiglieria a cavallo "Voloire"
Come il fratello Alessandro, fondatore dei Bersaglieri, Alfonso Ferrero della Marmora è un riformatore dell’esercito sabaudo. Dopo numerosi viaggi in Europa, Alfonso mette a punto un nuovo corpo di artiglieria a cavallo, le Voloire, sul “modello degli affusti di tipo Gribeauval”, un tipo di cannoni ad alta manovrabilità messo a punto alla fine del Settecento da Jean Baptiste Vaquette de Gribeauval. Il nuovo corpo viene istituito l’8 aprile 1831 con Regie Patenti della regina Maria Cristina, dopo che le prime due batterie erano già state predisposte nel 1828 quando Alfonso era ancora tenente. Le Voloire parteciperanno alle campagne risorgimentali per l’unità e l’indipendenza d’Italia distinguendosi per valore e perizia.
Oggi il corpo fondato dal generale La Marmora è ancora esistente e ha sede a Milano presso la caserma Santa Barbara; è un corpo che ha conservato l’apparato storico ottocentesco che spesso viene usato in parata.
Seguendo la stessa filosofia che guida il fratello Alessandro nella fondazione dei Bersaglieri, Alfonso punta a rompere con gli schemi rigidi della guerra settecentesca che si svolgeva attraverso complicati apparati e modelli gerarchici. L’innovazione aveva sempre stentato a farsi strada nel mondo militare, tanto che ancora si usavano, per il trasporto dei cannoni, carri con ruote di legno, trainati da bovini, e la mobilità dei pezzi da fuoco, benché elemento cruciale in battaglia, era affidata a manovali senza particolare esperienza. Le nuove batterie a cavallo, ideate da Alfonso La Marmora, rompono con questi schemi e fanno della velocità e della snellezza di manovra i loro punti di forza. Alfonso affida a ufficiali competenti le manovre dei pezzi, dando così una qualità “professionale” all’azione.
Come ministro della Guerra, dal 1849 al 1859, Alfonso La Marmora è la mente che attua una completa riforma dell’esercito sabaudo; una riorganizzazione che viene premiata dal successo nella guerra di Crimea e crea le premesse per il successo della seconda guerra d’indipendenza. La riforma avviene secondo il modello della Francia che aveva scelto di puntare sulla professionalità dell’apparato militare piuttosto che sulla sua consistenza numerica. In particolare Alfonso La Marmora propone un prolungamento del periodo di ferma (in Francia era di 5-8 anni) in modo da creare un esercito di professionisti “dedicati”. Il provvedimento viene presentato in Parlamento nel 1851 e diventa legge nel 1854 nonostante parecchie opposizioni. La riforma di La Marmora affronta, in maniera capillare, tutti gli aspetti di organizzazione dell’esercito: dal meccanismo dell’avanzamento gerarchico alla struttura dell’armata, dall’istruzione dei soldati al miglioramento dell’armamento. L’esercito sabaudo che si presenterà sul campo di battaglia nel 1859 darà prova di un grado di efficienza impensabile nelle campagne del 1848-1849. Senza questo fondamentale contributo di Alfonso La Marmora al miglioramento dell’apparato militare piemontese probabilmente il tentativo di unificazione dell’Italia avrebbe avuto un esito e dei tempi molto diversi.

 

Impegni civili e politici
A partire dal 1848, e per tre volte di seguito, Alfonso, che allora aveva 44 anni, ricopre la carica di ministro per gli affari di Guerra e di Marina del Regno di Sardegna dopo essere stato deputato al Parlamento fin dalla prima legislatura. In particolare, dal 3 novembre 1849, assume per la terza volta il portafoglio del ministero della Guerra e lo manterrà per i successivi dieci anni con i vari governi di Cavour.
A 55 anni, nel 1859, è per la prima volta presidente del Consiglio per un anno. Dal 1864 il Re lo chiama nuovamente a presiedere il governo con il triplice incarico di presidente del Consiglio, ministro della Marina e degli Affari Esteri ed è proprio sotto il mandato di La Marmora che la capitale del nuovo Regno viene trasferita a Roma. Da notare la coincidenza che vede impegnati nella presa di Roma (Breccia di Porta Pia 20 settembre 1870) i bersaglieri, fondati dal fratello Alessandro Ferrero della Marmora.
A 61 anni, nel 1865, mentre regge il ministero degli Esteri, tratta l’alleanza con la Prussia fino all’apertura delle ostilità con l’Austria nel 1866. Nello stesso anno lascia il governo e riprende le armi per entrare in guerra con la carica di capo di stato maggiore che subirà la pesante sconfitta di Custoza (23 giugno 1866).
Rimasto vedovo a 72 anni, nel 1876, il generale decide di destinare una parte del cospicuo patrimonio suo e della moglie a opere sociali, su consiglio dell’amico Quintino Sella, avviando numerose iniziative caritatevoli a Biella, nel Biellese e a Torino dove dispone un fondo per l’ospedale dove ha oggi sede il Museo di Storia Naturale. Alfonso dona al Comune di Biella una rendita di 10mila lire l’anno per aiutare gli operai vittime di infortuni sul lavoro; il fondo è alla base della costituzione dell’Opera Pia La Marmora in favore di operai e artigiani poveri. Il generale assegna inoltre una somma per la costruzione del mercato coperto e della rete dell’acquedotto nel quartiere di Biella Piazzo. Il finanziamento della rete idrica verrà seguito dai nipoti Tommaso e Maria Luisa dopo la morte di Alfonso avvenuta nel 1878. Le fontane pubbliche saranno inaugurate il 24 dicembre del 1882.

 

Onorificenze
Per la repressione della rivolta antimonarchica di Genova del 1848, Alfonso Ferrero della Marmora viene premiato con una Medaglia d’oro al Valore Militare. Dopo la campagna in Crimea del 1855 riceve il Collare dell’Ordine della Santissima Annunziata. Sarà anche Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro e Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine Militare di Savoia. Ottiene la Médaille militaire, la Médaille Commémorative de la Campagne de l’Italie de 1859 e la Medaglia Inglese per la Guerra di Crimea.
Tra i documenti che il generale riporta in Piemonte dalla Crimea ci sono anche trenta fotografie originali scattate dal fotografo inglese James Robertson sui campi di battaglia; si tratta del primo reportage di guerra di cui sia rimasta traccia. Le immagini sono oggi conservate negli archivi di Palazzo La Marmora a Biella.

 

Vita familiare
Nonostante la vita pubblica intensa, Alfonso non cessò mai di coltivare i rapporti con i suoi  numerosi fratelli, sorelle e nipoti, come è documentato dagli epistolari.
A 45 anni, nel 1849, sposa la gentildonna inglese Giovanna Bertie Mathew che gli darà nel 1851 un unico figlio, Carlo, morto subito dopo la nascita. Giovanna segue il marito, il cognato Alessandro e il nipote Vittorio, figlio di Carlo Emanuele, in Crimea nel 1855. A lei si deve una serie di preziosi disegni del teatro del conflitto che rappresentano una documentazione importante per gli studiosi del settore. Con il fratello Edoardo, Alfonso avrà un ruolo decisivo nell’organizzazione del matrimonio tra Maria Luisa d’Harcourt (1847-1927) e lo zio di lei, Tommaso Ferrero della Marmora, figlio del fratello di Alfonso, Carlo Emanuele. Il matrimonio tra zio e nipote viene combinato dopo che Tommaso resta vedovo senza figli e il casato è a rischio di estinzione. Il rapporto tra la coppia Tommaso-Maria Luisa con Alfonso rimane molto stretto per tutta la vita, tanto che gli sposi acquisteranno una casa a Torino grande a sufficienza per ospitarvi l’anziano generale.
Dopo l’Unità d’Italia Alfonso si stabilisce con la moglie Giovanna Berthie Mathew a Firenze, città dove moriranno entrambi, lei nel 1876 lui nel 1878.

 

Luci e ombre
Se Alessandro è il più popolare e amato dei fratelli La Marmora, non c’è dubbio che Alfonso sia diventato il più famoso in virtù delle alte cariche che ha ricoperto e per le sue molteplici attività politiche e militari. Precoce e multiforme, Alfonso è cosmopolita fin da giovane, grande militare e uomo di Stato allo stesso tempo. E’ interlocutore-chiave per Vittorio Emanuele II e per Cavour nella complessa conduzione degli eventi risorgimentali. Nella sua posizione di vertice sa mantenere in ogni momento un altissimo senso dello Stato, accettando compiti difficili e fonte di impopolarità: ancora oggi a Genova il suo nome suscita critiche per la repressione dei moti anti-monarchici nel 1849.
Di particolare importanza la riforma dell’esercito che egli dirige in qualità di ministro della Guerra, tra il 1849 e il 1859, e che è condotta con lungimiranza e grande capacità di mediazione: una riforma che saprà proiettarsi in avanti e che su argomenti delicati come la sanità militare o la giustizia militare sceglierà l’approccio costruttivo, non conservatore.
Il successo della spedizione in Crimea nel 1855-56 gli viene riconosciuto come un vero trionfo ma pochi anni dopo, accettando la carica di prefetto di Napoli, Alfonso sa di andare incontro a nuove critiche. Eppure non vi è dubbio che ancora oggi in molti manuali il nome di Alfonso La Marmora viene ricordato, più che per i suoi successi, solo in relazione alla Terza Guerra di Indipendenza e alla sconfitta di Custoza nel 1866: tanto grave è stato quell’evento da gettare un’ombra su tutta la sua vicenda biografica.
Dopo l’Unità d’Italia si stabilisce a Firenze con la moglie inglese ma la coppia non ha discendenza. Alfonso ha un altissimo senso della solidarietà sociale e svolge una intensa e articolata attività di benefattore verso istituzioni torinesi e biellesi. Dodicesimo figlio maschio di una famiglia di sedici fratelli, Alfonso ha un’intensa vita familiare testimoniata da un ricco epistolario con i fratelli e le sorelle e si troverà a sopravvivere alla maggior parte di essi.
Certo la fiducia in lui da parte di casa Savoia resterà immutata tanto che Vittorio Emanuele II lo vorrà suo primo luogotenente a Roma nel 1870. 

 

La Cripta La marmora in San Sebastiano a Biella
Alfonso La Marmora partecipa all’operazione, voluta dai fratelli Edoardo e Carlo Emanuele, della trasformazione del complesso di San Sebastiano in Biella nel mausoleo di famiglia. Rimasto solo dopo la morte della moglie e dei quindici fratelli, si dedica a completare l’impresa per preparare la cripta dove egli stesso verrà sepolto. In particolare incarica lo sculture Odoardo Tabacchi di realizzare una statua della moglie Giovanna Bertie Mathew inginocchiata in segno di devozione; l’opera verrà collocata davanti alla cripta dove sono sepolte le spoglie della famiglia. Alfonso La Marmora muore a Firenze nel 1878 e la sua salma viene trasferita a Biella. La notizia del suo decesso e dei suoi funerali ha però poca evidenza sulla stampa dell’epoca per una singolare coincidenza. Alfonso La Marmora muore il 5 gennaio. Re Vittorio Emanuele II, saputo della morte del generale, invia alla famiglia un telegramma di cordoglio destinato a essere uno dei suoi ultimi scritti: infatti il sovrano viene colto da malore poco dopo e muore il 9 gennaio. Il grande lutto nazionale per la morte del sovrano, fa sì che il cordoglio cordoglio per la scomparsa del generale La Marmora sia celebrato in modo meno solenne di quanto sarebbe avvenuto in altre circostanze.
[ per maggiori informazioni su "La Cripta La Marmora”: vedi scheda ]
 

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