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I Ferrero, Cardinali a Roma
di Alessandra Montanera
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“Ed ecco cinque Cardinali di gran merito viventi in uno stesso secolo, e della medesima Famiglia, che non poco ornamento apportarono alla nostra Patria, la qual si gloria di avergli dati tra le sue mura i natali, e riconoscergli per illustri suoi Concittadini. Poche Città, e Famiglie tra le più rinomate potranno vantarsi di aver dati tanti Soggetti distinti, e della Cattolica Chiesa benemeriti”1. Così chiosava il Mullatera dopo aver riportato sintetiche note biografiche sui Cardinali Gio. Stefano, Bonifacio, Filiberto, Pietro Francesco e Guido Ferrero. Sono i figli e i nipoti di quel Sebastiano Ferrero che in meno di un secolo, forte di un’importante carriera diplomatica, prima presso la corte sabauda e poi a Milano sotto il dominio francese di Luigi XII, riuscì ad assicurare un agiato futuro alla propria discendenza, grazie a un’intelligente politica di matrimoni, di alleanze e a un’innata “destrezza negli affari”2. Per merito suo, i Ferrero potevano vantare, già all’inizio del XVI secolo, le proprietà di alcune case a Roma, nel tempo poi incrementate grazie all’iniziativa del Cardinale Guido Ferrero3. Ed è proprio attraverso la figura di quest’ultimo, passato alla storia come il “cardinale di Vercelli”, per aver rivestito la carica di Vescovo della città eusebiana, prima della nomina al porporato cardinalizio, che potrà essere restituita un’esauriente fotografia delle proprietà romane dei Ferrero a fine Cinquecento4.

Guido Ferrero (1537-1585), figlio di Sebastiano e Maddalena Borromeo, zia di Carlo Borromeo, iniziò la propria carriera studiando a Cremona e conseguendo la laurea in utroque iure a Bologna. Giunto a Roma sotto il pontificato di Pio IV, a lui legato da vincoli di parentela, intraprese la carriera eccelsiastica, ricevendo, per “rinunzia” dello zio, il Cardinale Pier Francesco Ferrero, l’abbazia di Santo Stefano di Ivrea e quella di Santo Stefano della Cittadella di Vercelli ed ebbe inoltre, grazie a Filiberto Ferrero, l’altro zio Cardinale, l’Abbazia di San Michele della Chiusa. Eletto Vescovo di Vercelli nel 1562 “per cessione del zio Pierfrancesco con facoltà di ritenere le tre abazie, oltre altri dieci benefizj [...] fu uno de’ padri del concilio di Trento” e, nel 1564 fu mandato nunzio apostolico a Venezia5. Tre anni più tardi, venne nominato cardinale, con il titolo di Sant’Eufemia, presto cambiato con quello dei Santi Vito e Modesto, grazie “alle raccomandazioni del duca di Savoia e del Cardinal Carlo Borromeo” e rimase a Vercelli, fedele alla propria diocesi, fino al 15726, anno dell’elezione di Gregorio XIII, quando si trasferì a Roma, rinunciando al vescovado. Trascorse l’ultimo decennio della propria vita tra le proprie abbazie e in Romagna, dove era stato nominato legato, tornando a Roma in occasione dell’elezione di Sisto V, dove morì poco dopo il conclave, colpito da infarto, il 16 maggio 1585.

Figura certamente non secondaria nel panorama ecclesiastico cinquecentesco, “il cardinal Guido era uno degli uomini più dotti del suo secolo e de’ più versati nella scienza del diritto canonico”7, ne venne lodata “la profonda sua erudizione e la maravigliosa sua facilità di scrivere nella lingua greca e latina”8. Oltre ad aver partecipato al Concilio di Trento, fu autore di un Sommario de decreti conciliari (1572) e di una raccolta di Editti estratti dal sacro santo Concilio di Trento da monsig. Guido Ferrero eletto vescouo di Vercelli, a beneficio dell'Abbatia sua di San Michele di Chiusa (1652-1572) e partecipò ai Conclavi per l’elezione di Pio IV, Gregorio XIII e Sisto V. Parte del suo epistolario, conservato nel Fondo Ferrero presso l’Archivio di Stato di Biella, restituisce l’immagine delle relazioni che ebbe con i potenti dell’epoca, del mondo laico ed ecclesiastico, con principi, papi, vescovi e cardinali.

Non è certo un caso che Guido Ferrero abbia voluto nominare come esecutori testamentari i Cardinali Marcantonio Colonna, Alfonso Gesualdo e Giovanni Vincenzo Gonzaga, oltre a “Vergilio Crescenzio gentilhuomo Rom.o”9. Se il rapporto con i tre porporati può trovare riscontro nelle frequentazioni ecclesiastiche di Guido Ferrero, risulta più interessante comprendere le origini del rapporto con quel Virgilio Crescenzi, senz’altro uomo potente della Roma di metà Cinquecento, che fu ritratto, come riporta il Baldinucci10, da Caravaggio e che al nome di questo artista fu legato per la vicenda della Cappella Contarelli in San Luigi dei Francesi. A lui Guido Ferrero lasciò in eredità l’opera più preziosa che possedeva - “per memoria della n.ra fratellanza lascio il quadro della Madonna di Raffaello d’Urbino che è in Roma” –, a dimostrazione del forte legame che li univa. Un rapporto già emerso in altri studi11 e che, certamente, si basava sulla condivisione dell’interesse per le belle arti, come testimoniano alcune lettere riscoperte nell’Archivio biellese e che, verosimilmente, fu determinante per alcune scelte artistiche del Cardinale Ferrero.

Le lettere che Virgilio Crescenzi scrive a Guido Ferrero tra la fine del 1581 e l’inizio del 158212 sono testimoni del ruolo che il “gentiluomo romano” ebbe in merito ai lavori che si sarebbero dovuti compiere presso la Villa Ruffinella a Frascati, acquistata dal Ferrero nel 1579, alla morte del Cardinale Alessandro Rufini. Collocata sulla sommità di un colle, da cui si apriva un ampio panorama verso la città di Roma, la Villa, ancora oggi esistente13, conserva l’assetto che le venne dato nel corso del Settecento dall’architetto Luigi Vanvitelli. La facies seicentesca potrebbe risalire agli interventi promossi da Guido Ferrero che, come sappiamo, vi investì risorse ingenti trasformando l’edificio originale, in una villa a tre piani con la facciata principale orientata verso Roma, come quasi tutte le ville tuscolane dell’epoca. L’“Annibale architetto”, citato nelle lettere che il Crescenzi indirizza al Ferrero e che risulta incaricato dei lavori presso la Villa, è da identificare con Annibale Lippi, architetto attivo a Roma nella seconda metà del Cinquecento. Figlio di Giovanni, fiorentino, a sua volta architetto noto con il soprannome di Nanni di Baccio Bigio, Annibale Lippi fu allievo, secondo il Vasari, del Salviati per seguire poi le orme paterne, specializzandosi soprattutto nell'ambito architettonico. Poche e frammentarie sono le notizie relative alla vita e alla sua attività artistica e dibattuta è pure la questione storiografica relativa al suo coinvolgimento nei numerosi cantieri paterni. Se la critica ha finora ignorato la data di morte del Lippi, pur rendendo nota la data del testamento, risalente al 18 novembre 1581, quando l’architetto era già malato, una lettera di Virgilio Crescenzi, di pochi giorni successiva dà notizia al Cardinal Ferrero che “è piaciuto a Dio chiamar a sè Ms. Annibale Architetto”14. Non ci è dato sapere quale fosse lo stato dei lavori alla Villa Ruffinella a quell’epoca e se l’“Annibale architetto” vennisse sostituito, ma è certo che si rendeva comunque necessario “seguitar le cose cominciate” e che il Crescenzi rivestì il ruolo di supervisore dei lavori, “per veder che la morte di ms Annibale non si lasciasse di far quanto lui avea ordinato”15. I documenti danno poi memoria di una lunga controversia con Paolo Sforza, proprietario della vicina Villa Rufina, per un canale che il Cardinal Ferrero aveva deviato per portare l’acqua alle fontane del proprio giardino. Se, certo, non è questa la sede per dar conto di questa vicenda, è interessante però notare che delle questioni legate alla Villa Rufinella si hanno notizie ancora per tutto il 1582 e oltre16 e che, dunque, Guido Ferrero nonostante il proprio interessamento e i notevoli investimenti che vi fece, non ebbe modo di godersela a lungo, morendo soltanto tre anni dopo. Per suo volere, espresso con testamento del 25 novembre 1584, dava disposizioni affinchè “la mia villa di Frascati [...] dopo la mia morte sia posta in vend.a al pubblico incanto”, volendo destinare il ricavato al Collegio sorto, per sua iniziativa, a Torino.

Documento fondamentale, in grado di restituirci un’eloquente immagine della potenza e delle ricchezze accumulate, è dunque il testamento di Guido Ferrero, che nominava suo erede universale Francesco Filiberto Ferrero Fieschi (1576-1629), figlio di Claudia di Savoia e di Besso Ferrero Fieschi che, nel 1535, aveva ricevuto dal Cardinale Bonifacio Ferrero le “case di Roma”, in “burgo sancti Petri” e in “Monte exqulino Caballo”17. Qui Guido Ferrero possedeva “una casa contigua al [...] Palazzo di Montecavallo la quale” – specifica – “ho compra de i miei propyi denari e vi ho fatto de molti meglioramenti riservando al marchese di Masserano facoltà di comprarla per cinquecento scudi”18, disponendo che il ricavato della vendita venisse destinato alla “sostentazione” della Cappellania, da lui istituita in Santa Maria Maggiore, a cui venivano lasciate anche una vigna ed altri censi.

Le altre proprietà romane risalivano all’inizio del Cinquecento. Fu Sebastiano Ferrero ad acquistare, per 900 ducati, una proprietà “nella regione del Ponte nella strada detta della Torre sanguinea”, che, secondo un documento del 1509 relativo all’atto di compravendita, risultava già abitata dal figlio Giovan Stefano Ferrero, nominato cardinale nel 150019. Ma fu un altro prestigioso Palazzo acquistato, ancora da Sebastiano, forse l’anno prima, nell’area di Montecavallo (oggi noto come colle del Quirinale), a divenire dimora di rappresentanza della famiglia. Certo, molto differente, doveva apparire nel Quattrocento la sommità del colle che ospitava qualche convento, alcune abitazioni private e signorili e, tutt’intorno vigne, orti e giardini. Il Palazzo Ferrero, costruito sulle Terme di Costantino rimase di proprietà della famiglia fino a quando divenne, con Sisto V, sede della Sacra Consulta20: ancora oggi infatti, a lato della Piazza del Quirinale sorge il Palazzo della Consulta, ricostruito nel corso del Settecento da Ferdinando Fuga. Almeno due generazioni Ferrero, vi spesero ingenti risorse per ampliare e abbellire il Palazzo di Montecavallo, che certo non doveva sfigurare al confronto con le dimore delle potenti famiglie romane dell’epoca. Tuttavia, ad oggi, i documenti, seppur fondamentali per seguirne i passaggi di proprietà, sono stati avari nel riportare notizie riguardanti committenze e maestranze coinvolte nella decorazione del palazzo, restituendo soltanto il nome di Polidoro da Caravaggio, citato anche dal Mancini21, per la realizzazione di alcuni affreschi.

Il Tenivelli riporta che “i cinque cardinali Ferreri [...] godettero di quel palazzo nel Quirinale, ossia Montecavallo [ndr, venduto alla camera apostolica nel 1588], come anche dell’altro in borgo s. Pietro che passò per atto di vendita al principio di questo secolo [ndr, nel Settecento] nella famiglia Barberini” e conclude facendo notare che “essi grandeggiarono ai tempi loro e alla Romana corte: e colle limosine e colle fondazioni, e con un saggio governo delle lor chiese si fecero un nome immortale” 22.

Se i cardinali Gio. Stefano, Bonifacio e Filiberto Ferrero hanno trovato, con tempi e modalità differenti, sepoltura presso la Chiesa di San Sebastiano a Biella23, i sepolcri di Pietro Francesco e Guido si trovano a Roma, presso la Basilica Liberiana di Santa Maria Maggiore. Nel testamento, Guido esprime il desiderio “morendo a Roma come spero che sia” di essere “sepolto in Santa Maria Maggiore nella sepoltura di Pietro Franc. mio zio [...] alla quale quando non sia fabbricata da me in vita lascio cinquecento scudi accio l’impieghino nella fabbrica di detta cappella”. La cappella originaria, dedicata a San Leone papa e alla Madonna, occupava un vano di non grandi dimensioni, nella navata sinistra, confinante con la Cappella Sforza e quella della famiglia Cesi. Il Baglione, ne Le nove chiese di Roma (1639) la descrive “a fresco dipinta dal Croce di Bologna; il Papa in ginocchione con li puttini avanti la Vergine a olio [...] è di mano di Paolo da Faenza” 24.

Entrambi gli artisti coinvolti nella decorazione della Cappella erano giunti a Roma negli anni Settanta del Cinquecento proprio dalla Romagna dove Guido Ferrero era stato nominato legato. E’ noto che Baldassarre Croce - che già aveva lavorato a numerose committenze negli anni del pontificato sistino - nel 1587, fosse impegnato nella decorazione della Cappella insieme ad altre maestranze (stuccatori, lapicidi, fabbri), nell’intento di decorarla riccamente al pari di molte altre cappelle, dagli sfarzosi rivestimenti, che erano state realizzate negli anni tra i pontificati di Gregorio XIII e di Sisto V25.

Gli interventi settecenteschi di Ferdinando Fuga portarono al totale disallestimento della cappella, cancellando così l’assetto originario e comportando la perdita degli affreschi e degli stucchi originali, salvando soltanto, con lo spostamento sulla controfacciata della navata di sinistra, i busti dei due Cardinali e le relative iscrizioni.

Interessanti a tal proposito sono due disegni, conservati presso l’Archivio di Stato di Biella, posteriori agli interventi del Fuga, verosimilmente databili allo scadere del XVIII secolo (Fig. 1 e 2)26. Essi restituiscono il nuovo allestimento in controfacciata, tutt’oggi esistente: riproducono infatti l’edicola marmorea addossata alla parete entro cui si trovano collocati i busti di Guido e Pierfrancesco Ferrero e le iscrizioni commemorative, chiusa inferiormente con lo stemma scolpito dei Ferrero. Sul retro di ciascun foglio si leggono delle brevi annotazioni che registrano alcune lievi anomalie – nella forma e non nella sostanza - riscontrate nel confronto tra le iscrizioni sopraddette e quanto riportato dal Galletti nella sua raccolta di “Inscrizioni de’ piemontesi esistenti in Roma”27, stampata a Roma nel 1766, divenendo così un utile post quem per datare i disegni. Seppur realizzati dalla medesima mano, quello di Guido risulta appena descritto graficamente ma corredato da un “indice di marmi” utilizzati e dall’indicazione che il “busto è di marmo sanguigno, ossia rosso antico” e che le lapidi di marmo nero su cui compaiono le iscrizioni hanno “caratteri dorati ed incavati nel detto marmo”. Il disegno del monumento di Pierfrancesco, restituisce soltanto l’indicazione dell’“altezza dei depositi” e risulta molto più accurato nella resa grafica e nell’utilizzo dell’acquerello e della china per rendere l’effetto del chiaroscuro.

Entrambi i disegni riportano inoltre, in basso a sinistra, una sigla “A.B.C.d.”, che tuttavia non ci permette di risalire all’identità di colui che ricevette l’incarico di trasporre graficamente i due monumenti. I disegni sono di alta qualità, caratterizzati da un segno preciso e lineare e riproducono fedelmente i monumenti Ferrero, collocati sopra la “porta detta Santa”, come registrava Lorenzo Cardella nel 179228. La precisione di questi disegni potrebbe suggerire, per la loro esecuzione, una presa in visione diretta da parte dell’artista che li eseguì, forse giunto a Roma su diretta richiesta della famiglia che proprio a fine Settecento troviamo ancora impegnata a discutere in merito alla questione della Cappellania di Santa Maria Maggiore29.

Le guide di Roma, fiorite in gran numero nel corso dell’Ottocento, descrivendo l’interno della Basilica di Santa Maria Maggiore, non mancano, seppur sinteticamente, di menzionare i busti dei cardinali Ferrero. Il Pellegrini, ad esempio, cita “i busti di due cardinali scolpiti dall’Algardi” e così anche l’Angeli ricorda i “sepolcri di Pietro Ferrerio (1560) e di Guido Ferrerio (1585) con due busti dell'Algardi” 30.

Tale attribuzione è stata messa ben presto in discussione e la critica è stata concorde, ancora recentemente, nell’avvicinare i due busti al nome di Giovan Battista della Porta31, scultore, ricordato dal Baglione, che “faceva dei ritratti assai bene”32, al servizio del Cardinale Alessandro Farnese. Finora l’Archivio biellese non ha restituito alcun accenno in merito alla realizzazione dei busti, nè tantomeno ha potuto confermare l’ipotesi attributiva che, aldilà delle considerazioni stilistiche, potrebbe trovare riscontro nel confronto con altre committenze che il Della Porta ricevette. Numerosi furono i Cardinali che a lui si affidarono per la realizzazione dei propri monumenti, personalità come quelle di Francesco Alciati e Federico Cornaro, gravitanti intorno alla figura di Carlo Borromeo, avrebbero potuto influenzare la scelta del Ferrero. E’ dunque possibile che Guido, ancora in vita, avesse indicato in Giovanni Battista della Porta, l’ideale esecutore della propria effigie e di quella di suo zio. E’ certo che la memoria di Guido e Pierfrancesco venne tenuta in gran conto dalla famiglia e i due busti divennero presto fonte iconografica di riferimento, utilizzati verosimilmente già nella prima metà del Seicento per i ritratti commissionati a Gerolamo Marinelli33 e poi ancora nell’Ottocento da Enrichetta e Barberina Ferrero della Marmora che realizzarono rispettivamente il ritratto di Pietro Francesco e di Guido, utilizzati dal De Gregory nella sua Istoria della Vercellese letteratura ed arti (1820), a corredo delle biografie dei Cardinali34.

 

Questo articolo è uscito sul numero di gennaio 2012 di Rivista Biellese

Riferimenti www.docbi.it

1 G. T. Mullatera, Memorie cronologiche e corografiche della citta di Biella, Biella 1778, p. 174.

2 Idem, p. 184

3 Vittorio Natale, Un omaggio ai d’Amboise a Gaglianico (Biella): gli affrschi della cappella del castello e altre committenze di Sebasiano Ferrero, Generale delle Finanze di Milano, intervento presentato in occasione del convegno “Georges I d’Amboise (1460-1510). Una figure plurielle de la Reinassance”, Liegi, 2-3 dicembre 2010.

4 Le ricerche d’archivio condotte da chi scrive, negli archivi di Biella e di Torino hanno portato alla luce molto materiale inedito relativo alle proprietà romane dei Ferrero che vanno a integrare quanto già pubblicato. Si veda anche M. Cappellino, L’inventario dei beni del card. Guido Ferrero, in “Bollettino Storico Vercellese”, anno XV, n. 1, 1986, pp. 45-53; M.B. Guerrieri Borsoi, Il Cardinale Guido Ferreri e la Villa Ruffinella a Frascati, in Luigi Devoti (a cura di), I Cardinali nel Lazio”, 2008, pp. 262-274; M.B. Guerrieri Borsoi, La distrutta cappella Ferrero in Santa Maria Maggiore, in “L’Urbe: rivista romana”, 42, 2007, p. 3-12. Si ringrazia inoltre la dott.sa Giovanna Iole per la disponibilità al confronto e le informazioni scambiate durante la stesura della sua tesi di dottorato su Giovanni Battista della Porta (2009-2010).

5 P. Litta, I Ferrero di Biella, in Famiglie celebri italiane, Milano 1841.

6 Si ricorda che Guido Ferrero commissionò a Pellegrino Tibaldi il rifacimento dell’abside della Cattedrale di Sant’Eusebio a Vercelli.

7 Gustavo Avogadro di Valdengo, Storia della Abbazia di San Michele della Chiusa, Novara 1837 , p. 86.

8 ASB, Fondo Ferrero, Genealogia della casa Ferrera sia dell’uno che dell’altro ramo fatta e scritta da Monsig. Vittorio Ferrero della Marmora, cass. XXI, 3, 10.

9 ASB, Economico Feudale, Testamento del Cardinale Guido Ferrero, cass. 46, 26.

10 Filippo Baldinucci, Notizie de’ professori del disegno da Cimabue in qua, Milano 1812

11 M.B. Guerrieri Borsoi, cit., 2007 e cit., 2008.

12 ASB, Fondo Ferrero, Corrispondenza, Lettere di Virgilio Crescenzi, cass. XXXIV, 29, 78.

13 Oggi ospita il Grand Hotel Villa Tuscolana.

14 ASB, Fondo Ferrero, Corrispondenza, Lettere di Virgilio Crescenzi, cass. XXXIV, 29, 78.

15 Ibidem.

16 ASB, Fondo Ferrero, Corrispondenza, Lettere di Lodovico Cassinis, cass. XXXIV, 29, 97.

17 Si noti tuttavia che le proprietà acquistate da Sebastiano Ferrero passarono da Giovan Stefano, al Cardinale Bonifacio e poi, nel 1535, furono donate da quest’ultimo al Marchese Besso Ferrero Fieschi di Masserano. Cfr. ASB, Economico Feudale, cass. 75, 73-74, cass. 75, 85 e cass. 75, 111-112 e 114. Tali proprietà passeranno in eredità a Francesco Filiberto Ferrero Fieschi come conferma la “constitutio procuratoris” fatta da Claudia di Savoia, a favore di Giovanni Battista Gonfalonieri, “per prendere possesso dei Palazzi di Roma a nome di Francesco Filiberto, suo figlio minorenne, cfr. ASB, Economico feudale, cass. 75, 170.

18 ASB, Economico Feudale, Testamento del Cardinale Guido Ferrero, cass. 46, 26.

19 ASB, Economico Feudale, cass.75, 37 e cfr. V. Natale, cit., 2010.

20 M.L. Madonna, Roma di Sisto V, catalogo della mostra, Roma 1993.

21 Cfr. V. Natale, cit, 2010 e per la citazione di G. Mancini, Considerazioni sulla Pittura (1620), cfr. Alessandro Marabottini, Polidoro da Caravaggio, Ed. dell’Elefante, Roma 1969, p. 265.

22 C. Tenivelli, Biografia piemontese, Torino 1785, vol. 2, p. 137.

23 Gio. Stefano morì nel 1510 e venne seppellito nella Chiesa di San Clemente a Roma, Bonifacio morì nel 1543 e fu seppellito presso la SS. Trinità a Monte Pincio a Roma, Filiberto morì a Roma nel 1549 e il suo corpo fu trasferito a Biella e sepolto presso la Basilica di San Sebastiano.

24 In G. Baglione, Le vite de’ pittori, scultori, architetti ed intagliatori, Napoli 1733, a p. 187 nella biografia di B. Croce ricorda “fu da lui la Cappelletta di Nostra Donna, vicino a quella dei signori Sforzi, con diverse figure, a fresco colorita. Cfr. anche A. P. Orlandi, Abecedario Pittorico, Venezia 1753, pp. 406-407, ad vocem Paolo da Faenza, “ha dipinto nella Cappella della Madonna in Santa Maria maggiore di Roma il Pontefice Paolo V in ginocchioni avanti la Vergine”. In F. Posterla, Roma sacra e moderna, Roma 1707, p. 650 si legge “la cappella seguente della medesima [la Cappella Sforza] fu dipinta a fresco dal Croce bolognese; il Pontefice genuflesso davanti alla Santissima Vergine è pittura di Paolo da Faenza”. In G. Pinarolo, L' antichita di Roma con le cose piu memorabili che in essa di presente antiche , e moderne si trovano..., Roma 1713,. p. 224 cita “la Cappella della Madonna dipinta a fresco dal Croce di Bologna”. In R. Venuti, Accurata, e succinta descrizione topografica e istorica di Roma moderna, 1766, p. 50 “la cappella seguente fu dipinta da Baldassarre Croce; ma il Quadro dell’Altare è di Paolo da Faenza”.

25 Cfr. A.M. Guerrieri Borsoi, cit, 2007. Sebbene non confermato dai documenti, possiamo ipotizzare che i lavori venissero seguiti da Virgilio Crescenzi.

26 ASB, Fondo Ferrero, Deposito dei Cardinali Pietro Francesco e Guido Ferrero in Santa Maria Maggiore di Roma, cass. XXII, 5, 31

27 P. L. Galletti, Inscriptiones Pedemontanae infimi aevi Romae exstantes Opera et cura D. Petri Aloysii Galletti ... collectae, Roma 1766

28 L. Cardella, Memorie storiche de' cardinali della Santa Romana Chiesa, Roma, 1793. Cfr. ASB, Fondo Ferrero, Biografie estratte dalle Memorie storiche de' cardinali della Santa Romana Chiesa scritte da Lorenzo Cardella.

29 AST, Famiglia Ferrero Fieschi, mazzo 31, 131.

30 A. Pellegrini, Itinerario o guida monumentale di Roma antica e moderna e suoi dintorni, Roma 1869 e D. Angeli, Le chiese di Roma. Guida storica e artistica delle basiliche, chiese e oratorii della citta di Roma, Roma 1900.

31 A. Grisebach, Romische Portratbusten der gegenreformation, Leipzig 1936.

32 G. Baglione, op. cit., p. 70

33 Cfr. A. Montanera, La riscoperta a Biella di un pittore umbro, in “Rivista Biellese”, anno 13, n. 2, aprile 2009, pp. 62-69.

34 ASB, Fondo Ferrero, cass. XXII, 5, 56

 

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